Contro la corruzione e le frodi societarie: impara a fischiettar
19/06/2014 di Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro.

Si suole dire che il plagio è un atto di omaggio: chi copia ammira. Ebbene per molti versi noi ammiriamo il sistema legale statunitense che riesce a essere più efficace di altri. Specie per quanto riguarda la lotta all’evasione fiscale, alle frodi societarie e alla corruzione. Ovviamente, non è che oltreoceano non esistano evasori, truffatori e corrotti: si stimano 450 miliardi di dollari di evasione e la cronaca di questi ultimi anni abbonda di frodi miliardarie (basti citare i casi Enron e Madoff). Ma lì vi sono norme adeguate, le agenzie che ne assicurano l’attuazione sono, nel complesso, efficienti e le sanzioni sono severe. Più in generale, c’è un clima che stigmatizza questi comportamenti e chi sbaglia, paga e al ritorno nella società civile viene ostracizzato.

L’esempio americano merita di essere studiato con attenzione, tenendo presente però un caveat: norme rigide contro i comportamenti fraudolenti sono socialmente efficaci anche perché le condizioni generali del paese – pressione fiscale, credibilità del quadro normativo nel suo complesso, qualità dei rapporti tra cittadino e amministrazione, ecc. – lo consentono. In altre parole, per avere il rispetto della legge bisogna anche avere leggi rispettabili: e questo è un problema ineludibile per l’Italia.

Ciò detto, abbiamo buone ragioni per guardare alla legislazione americana, notoriamente più pragmatica, e copiare le norme che si sono rivelate più efficaci nel contrasto a questi fenomeni. Tra tutte, merita in questi giorni parlare del c.d. whistleblowing (letteralmente: soffiare il fischietto, come fanno gli arbitri che rilevano un fallo o i poliziotti che vogliono fermare l’autore di un reato). In pratica, si tratta di incoraggiare i dipendenti di un ente pubblico o azienda a denunciare attività illecite e/o fraudolente con la prospettiva di ricevere un consistente premio in denaro. Il tema è di attualità anche in Italia perché, con i recenti scandali delle scorse settimane, da più parti autorevoli commentatori ed esperti hanno invocato l’adozione di tali norme, richiamando genericamente la disciplina statunitense. Vediamo in concreto come funziona.

Benché disposizioni in materia esistessero già dal secolo scorso, la legislazione è divenuta più stringente negli ultimi anni, proprio con il proliferare delle frodi societarie. Il Sarbanes-Oaxley Act del 2002, emanato dopo gli scandali Worldcom ed Enron, ha introdotto norme più protettive per coloro che rivelano le attività illecite alle autorità o ai vertici aziendali, sanzionando civilmente e penalmente ogni eventuale atto ritorsivo. Inoltre, le società quotate devono adottare delle procedure interne per ricevere tali rivelazioni, anche in forma anonima. Agli avvocati, infine, è fatto obbligo di denunciare al Direttore Affari Legali e/o al Chief Executive Officer della società le violazioni rilevanti delle leggi sui mercati finanziari di cui vengano a conoscenza e, qualora, non si ritengano soddisfatti dalle risposte ricevute, all’Audit Committee. Più di recente, la Sezione 922 del monumentale Dodd-Frank Act voluto da Obama per regolare i mercati dopo la crisi del 2008 ha previsto che la Securities Exchange Commission paghi dei premi agli whistleblower che volontariamente rivelano fatti che portino all’applicazione di sanzioni per un importo superiore al milione di dollari. Il premio può variare tra il 10% e il 30% dell’importo complessivo recuperato dalla Commissione (ivi compresi i danni pagati nel quadro dell’eventuale successiva azione penale). Gli importi in questione sono significativi e dunque tali da indurre i funzionari – se non per onestà, quantomeno per interesse – a svelare le frodi di cui abbiano conoscenza.

È evidentemente uno strumento efficace che a nostro avviso, meglio di molte complesse regolamentazioni e controlli amministrativi, servirebbe a contrastare l’emergenza corruzione che stiamo affrontando. Eppure, quando nelle scorse settimane abbiamo avuto modo di parlarne pubblicamente abbiamo spesso riscontrato notevoli resistenze. Le due obiezioni che più spesso ci vengono mosse sono: ma come due liberali come voi incoraggiano la delazione? E che dire delle possibili miriadi di denunce anonime che potrebbero inondare i tribunali per motivi futili, ripicche, concorrenza sleale, ecc.? Le risposte ci paiono ovvie. Non si tratta di delazione perché rivelazioni sono volte a tutelare interessi pubblici, anche di rango costituzionale, quali il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. In generale, tutto ciò che ostacola le frodi (e dunque le disincentiva) aiuta il buon funzionamento del mercato e va a tutela di chi realmente investe e rischia nel rispetto della legge. E non è detto che le denunce debbano essere anonime: negli Usa, infatti, gli whistleblower devono essere identificati, anche indirettamente attraverso un avvocato. Infine, è evidente che oltre ai controlli iniziali sull’attendibilità delle rivelazioni dovrebbero essere previste gravi pene per denunce frivole, negligenti o false.

Per il momento in Italia è stata introdotta una normativa, applicabile solo ai dipendenti pubblici, che non prevede alcuna ricompensa a chi svela fatti di corruttela e che è pertanto palesemente inefficace. Lo scorso anno è stata presentata una proposta di legge dal Movimento 5 Stelle. E ora in Europa diversi parlamentari si sono mobilitati a favore di una direttiva in materia. Da quanto è dato sapere, la disciplina allo studio dei tecnici del Ministero della Giustizia prevede una controriforma del falso in bilancio (rendendola finalmente applicabile nei fatti, dopo il depotenziamento del governo Berlusconi), l’introduzione del reato di autoriciclaggio e la regolamentazione delle attività di lobbying. Peraltro, anche la disciplina del falso in bilancio – su cui in principio si dichiarano tutti d’accordo – quando si passa ai dettagli, è assai più controversa di quanto si creda.

Renzi ha mostrato in altre occasioni di saper ascoltare il Paese. Ora viene messo alla prova sui temi della giustizia. Sarebbe un gesto importante da parte sua prendere sul serio la lotta alla corruzione e alle frodi, con l’adozione di misure pragmaticamente efficaci. Dopotutto, nei giorni scorsi, all’Assemblea del PD di Roma, ha detto “Se c’è qualcuno che sa, parli”. Meglio ancora, come in Biancaneve e i sette nani, che impari a fischiettar.

Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro

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