Ho atteso trascorresse almeno un giorno dalla tragica notizia degli omicidi al Palazzo di Giustizia di Milano per parlarne. Volevo lasciar decantare le emozioni che inevitabilmente prendono in questi casi, quando simili drammatici eventi toccano il mondo professionale al quale si appartiene. Ebbene, a mente fredda, devo dire che ho trovato non condivisibili molti dei primi commenti.
Da un lato, è immediatamente cominciata la caccia al capro espiatorio per individuare il “colpevole” che non ha evidentemente verificato il tesserino esibito dall’omicida per aggirare i controlli all’ingresso. E’ giusto stabilire le responsabilità, ma non è certo questo il punto principale sul quale soffermarsi in queste ore. D’altro lato, mi sono apparsi sconvenienti i tentativi di strumentalizzare questa vicenda. Ieri, per esempio, l’ex giudice Gherardo Colombo – pur dichiarandosi sconvolto – ha detto che l’episodio è rivelatore “di un clima che c’è oggi contro la magistratura. Non dico che vi sia un collegamento, me ne guardo bene, ma certamente questa continua sottovalutazione del ruolo, di svalutazione dei magistrati contribuisce a creare un clima“.
Oggi, nel comunicato stampa del Consiglio Nazionale Forense, il neo eletto presidente Andrea Mascherin afferma “è ora di dire basta a quelle forme culturali che vogliono esporre i diritti inviolabili della persona ad una corsa al ribasso, che finisce con l’esporre funzioni che sono presidio di legalità, come quella dell’Avvocato, ad una sottovalutazione culturale che si traduce in uno scadimento del livello di quella democrazia solidale che sta alla base del rispetto dei diritti altrui … L’Avvocatura resterà in prima linea a tutela della nostra democrazia, ma non può e non deve essere lasciata sola”.
A mio avviso, non è questione di lasciare soli magistrati o avvocati. L’episodio è rivelatore piuttosto di un grande malessere sociale. Il nostro paese è sfiancato da 7 anni di grave crisi che ha fiaccato gli animi. In più, il sistema valoriale è molto cambiato. I soldi facili, che per alcuni anni erano apparsi un miraggio accessibile a molti, oggi non ci sono più. E questi cambiamenti – come bene dice oggi nell’intervista sul Corriere della Sera Livia Pomodoro, già Presidente del Tribunale di Milano – hanno lasciato “una comunità avvelenata da odio e spirito di vendetta“.
Meglio dunque tacere, riflettere e fare in silenzio le nostre condoglianze alle famiglie delle vittime di questo episodio di tragica follia.