Alle improvvide dichiarazioni rilasciate da Berlusconi nel giorno della Memoria hanno – com’era prevedibile – fatto seguito numerose condanne della stampa internazionale nei suoi confronti.
A queste si sono aggiunte le dure parole del Commissario Europeo Rehn: nell’autunno 2011 il governo di Berlusconi ha deciso di non rispettare più gli impegni presi con l’UE su riforme e risanamento dei conti e il risultato è stato il prosciugarsi dei finanziamenti al Paese, con il conseguente schizzare dello spread.
Tutto ciò ha portato alla “crisi” politica e al governo Monti.
La comunità internazionale non considera più Berlusconi un possibile interlocutore, e ne abbiamo avuto l’ennesima conferma. Del resto, la “salita” in campo di Monti è stata fortemente sollecitata dal Partito Popolare Europeo, che sperava di avere in Italia un rappresentante più in linea con le policies degli altri partiti che appartengono a quella famiglia politica.
Fin qui, nulla di nuovo. Quanto è accaduto dovrebbe però indurci a un’ulteriore riflessione: oggi non siamo più in presenza di un sistema politico bilaterale, nel quale è necessario schierarsi da una parte o dall’altra.
La pluralità di offerte politiche comporta che una larga (e maggioritaria) parte dell’elettorato, che non si riconosce o è comunque fortemente contraria al PD, non sia più obbligata a votare per Berlusconi. È una buona notizia.
Oggi esistono altre forze, diverse dal PDL, che si ispirano a valori liberali (i quali solo a parole sono anche parte del programma del PDL). Queste forze si presentano alle elezioni con ricette economiche e visioni del mondo e della politica assai diverse da quelle proposte da Bersani e Vendola.
La domanda importante da farsi oggi, per chiunque creda nei valori liberali, è questa: perché gettare via voti dandoli ad un partito che, comunque, non potrà essere parte della ricostruzione del paese nella prossima legislatura?
È un po’ quanto accadeva con i voti che, nella Prima Repubblica, venivano dati al MSI: voti che, in quanto posti fuori dall’arco costituzionale, erano congelati, e dunque inutili.
Se un elettore che, in passato, ha votato per il PDL immaginandolo portatore di necessaria modernizzazione per il paese oggi legge il programma di Fare per Fermare il Declino trova molte parole che fanno parte del suo lessico personale: meritocrazia, libertà economica, concorrenza, riduzione del carico fiscale. Parole che per noi corrispondono a un impegno preciso, sulle quali abbiamo messo in gioco la nostra credibilità.
Le stesse parole non sono state altro che slogan per il PDL e i suoi alleati che, in tanti anni di governo, non solo nonle hanno trasformate in atti e decisioni, ma in molti campi hanno fatto esattamente l’opposto, aggravando la situazione del paese.
Un dato per tutti: nel primo decennio del 2000, con Berlusconi al governo per 8 anni, l’Italia è stato il paese con il più basso tasso di crescita al mondo dopo Haiti e il debito pubblico è esploso arrivando all’attuale 127%.
Errare humanum est, perseverare diabolicum.