Per spingere i comuni a privatizzare le proprie partecipante è sufficiente sfruttare le norme già in vigore, adottando criteri stringenti sulle partecipazioni societarie.“Per favorire questo processo, oltre alla ‘carota’ finora utilizzata in sede di attuazione del Patto di stabilità interno, premiando gli enti virtuosi, sarebbe necessario usare il ‘bastone’”. In altri termini, da un lato dovrebbe essere incentivata la cessione all’organo centrale designato ad hoc delle partecipate, a fronte della quale, l’ente locale avrebbe facoltà di spendere il ricavato dalla cessione in deroga al Patto, e dall’altro dovrebbero essere ulteriormente irrigiditi I cordoni della borsa per gli enti locali che violano il patto e non dispongono la privatizzazione o cessione all’organo centrale delle proprie partecipate”. Tale organo dovrebbe essere costituito sul modello del Treuhandstalt tedesco, il quale, dopo la riunificazione del paese, “Nell’arco di 4 anni ha gestito circa 8.500 società privatizzandone e liquidandone un gran numero, in ultima analisi contribuendo a dare competitività al paese, probabilmente salvando in ultima analisi più posti di lavoro di quelli che sono stati persi”.
Potete leggere il mio Policy Paper “Il capitalismo municipale: come, quando e perché privatizzarlo”, presentato al Convegno organizzato da Istituto Bruno Leoni e Glocus il 12 dicembre 2013 e ora pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni qui