Istruzione e capitale umano: tema cruciale, dimenticanza scandalosa
30/01/2013 di Alberto Saravalle.

Immaginate un contadino che, preoccupato di cacciare via i corvi dal suo campo, si scorda di seminare per la stagione successiva. Direste che è un comportamento insensato, no? Eppure qualcosa di simile sta accadendo nel dibattito politico attuale. Lo dice bene Gian Arturo Ferrari sulla prima pagina del Corriere della Sera:

La classe politica, rosa dall’ansia che l’opinione pubblica pensi di lei quello che effettivamente pensa, si compiace di immaginarsi risoluta, volitiva e imperiosa. E si concentra non sul breve, ma sul brevissimo termine (…) La ragione vera, cioè quella pratica, di questa angustia mentale è che i frutti di molte riforme non sono affatto immediati, non si vedono nell’arco di una legislatura. E sono perciò, elettoralmente parlando, ininfluenti. Quindi inutili. Nulla illustra meglio questo assunto del complesso formazione – istruzione – educazione, ossia valorizzazione del capitale umano. La cui pressoché totale assenza dal dibattito elettorale è stupefacente ancor prima che scandalosa. (…) Non si riesce a vedere il nesso tra una scuola rabberciata, una formazione professionale spregiata, un’università sgangherata, tassi di lettura desolanti e la loro logica conseguenza, cioè una bassa, bassissima produttività.

Il problema non è tanto quanto si spende per la scuola, ma come e su che progetto. Il Sole24Ore  segnala che spendiamo male, senza premiare il merito dei docenti.

Sul fronte scuola il problema non è tanto sulla quantità di risorse investite (non poche). Ma su come vengono spese. Secondo gli ultimi dati Ocse emerge infatti come, rispetto al Pil, l’Italia investa il 3,3%, contro il 3,6% dell’Ue a 21 e il 3,8% della media Ocse. Il problema sta invece nella spesa per studente che da noi è più alta. Alla scuola primaria, per esempio, è di 8.671 dollari, contro i 7.257 dollari dell’Ue a 21 e i 7.153 dollari della media Ocse. In pratica, spediamo 1.400 dollari in più. E la spesa per studente è più alta in Italia anche alla scuola media (9.616 dollari contro 8.498 della media Ocse); mentre è in linea intorno ai 9.200 dollari alle superiori. Nonostante, complessivamente, nella scuola italiana si sia ridotto di circa 2 milioni il capitale umano. «Bisogna perciò puntare su una maggiore qualità del servizio – ha sottolineato il presidente di TreeLLLe, Attilio Oliva – valorizzando, davvero, la formazione dei docenti e il modello di reclutamento. In Italia la progressione di carriera dei docenti avviene solo per anzianità, senza nessuna valutazione del servizio. Ed è quindi impossibile premiare il merito».

 Quanto sono importanti i docenti? Tantissimo. Nessun sistema scolastico riesce a essere migliore dei suoi docenti, afferma Andreas Schleicher, il direttore del programma Ocse-Pisa. Leggete che cos’altro ha detto pochi giorni fa a Milano.

Gli studi attuati dal Pisa dimostrano che la spesa per l’istruzione spiega meno del 20 per cento delle diversità di rendimento tra studenti nei paesi industrializzati: la differenza sta nel come le risorse vengono investite. Le chiavi del successo sono due. Entrambe hanno a che fare con i valori che in ogni singola nazione si considerano prioritari. In primo luogo, i sistemi scolastici eccellenti appartengono a paesi che valorizzano l’istruzione e gli insegnanti, considerati highly skilled workers la cui capacità va riconosciuta anche sotto il profilo retributivo. In Finlandia, per esempio, insegnare è il secondo mestiere più ambito dai migliori tra i laureati. In secondo luogo, i sistemi scolastici eccellenti non prescrivono cose da insegnare ma obiettivi che gli studenti devono raggiungere, e sviluppano in modo equilibrato sia l’opportunità di eccellere per tutti, sia la reale eccellenza dei migliori. 

Ancora negli anni Sessanta la Corea del Sud aveva un livello di sviluppo analogo a quello dell’Afghanistan odierno. Due generazioni e un forte investimento sulla qualità dell’istruzione l’hanno trasformata da ciuchino in tigre asiatica.
Questo l’orientamento di Fare per fermare il declino sull’istruzione:

Ridare alla scuola e all’università il ruolo, perso da tempo, di volani dell’emancipazione socio-economica delle nuove generazioni. Non si tratta di spendere di meno, occorre anzi trovare le risorse per spendere di più in educazione e ricerca. Però, prima di aggiungere benzina nel motore di una macchina che non funziona, occorre farla funzionare bene. Questo significa spendere meglio e più efficacemente le risorse già disponibili. Vanno pertanto introdotti cambiamenti sistemici: la concorrenza fra istituzioni scolastiche e la selezione meritocratica di docenti e studenti devono trasformarsi nelle linee guida di un rinnovato sistema educativo. Va abolito il valore legale del titolo di studio.

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