Italia Aperta, per dare le pagelle alla politica
20/06/2013 di Alberto Saravalle.

Nasce un nuovo think tank di stampo liberale. Ne fanno parte, tra gli altri, Nicola Rossi, Pietro Ichino, Guido Tabellini, Ugo Arrigo, Stefano Parisi. Il giurista e cofondatore Alberto Saravalle ne spiega gli obiettivi.Nasce domani ufficialmente Italia Aperta, associazione di stampo liberale che si presenta alla stampa e ai cittadini. Non è un partito. È piuttosto un think thank che vuole utilizzare competenze trasversali per portare progetti e idee utili a migliorare la vita degli italiani, uscendo dalla gabbia dei cenacoli esclusivamente tecnici e intellettuali.

Come? Il suo obiettivo dichiarato è di monitorare puntualmente le normative a livello nazionale e locale, per denunciarne le logiche clientelari, la mancata trasparenza, le asimmetrie informative, il mantenimento di posizioni dominanti, il contrasto con i principi di libera concorrenza e di mercato. Non solo: poiché ciò che manca nel nostro paese, molto spesso, è l’execution (ovvero l’attuazione attraverso normative secondarie dei provvedimenti annunciati dal governo) Italia Aperta si propone anche di segnalare le omissioni dell’esecutivo che, di fatto, vanificano le riforme varate.

C’è un modo semplice per farlo: redigere delle “pagelle”, una valutazione pubblica utilizzando i criteri dell’indice di competitività della Banca Mondiale per la compilazione della guida “Doing business in …” che sono già uno standard di mercato e di facile comprensione per tutti. Solo così le nostre valutazioni e proposte potranno divenire parte del dibattito quotidiano, oltre che in parlamento e nelle aule consiliari degli enti locali.

Naturalmente, in virtù di questa precisa scelta di campo, auspichiamo anche di avviare un proficuo dialogo con le istituzioni, a cominciare dalla Autorità garante della concorrenza  e del mercato (Agcm) e dalle altre autorità settoriali, che sono chiamate a presidiare i settori di rispettiva competenza, con eventuali segnalazioni di normative contrarie ai principi sopra menzionati.

Detto questo, risulta evidente che la raison d’ètre di Italia Aperta è di riuscire a comunicare alla gente, parlando dei problemi che toccano tutti e dimostrando come queste distorsioni ci pregiudicano nella vita di tutti i giorni. Ad esempio: è bene che si sappia che una normativa illiberale, come quella conseguente al disastro della sanità in Campania, impedisce ai cittadini campani di andare a curarsi nelle strutture di altre regioni del Sistema sanitario nazionale se non previa autorizzazione. Si tratta di una prevaricazione tra le tante che non possiamo più accettare passivamente, ritenendole – a torto – inevitabili.

Per far crescere la protesta nella società civile e condizionare il legislatore, occorre però che queste distorsioni siano conosciute, riprese dai giornali, divengano oggetto di dibattito pubblico. Ovviamente, così facendo si vuole anche stimolare il dialogo, aggregare consenso e risvegliare le coscienze liberali, parlando però di problemi concreti. Insomma, il tentativo è di riportare l’attenzione sulla politica del diritto, senza però far ricorso ad alti principi filosofici o politici, ma concentrandosi sulle reali esigenze della gente.

Sulla base di questo semplice progetto, Italia Aperta ha aggregato tecnici, con competenze diversificate: giuristi (Pietro Ichino e Alessandro De Nicola), economisti (Ugo Arrigo, Carlo Scarpa, Nicola Rossi, Guido Tabellini, Irene Tinagli, Enrico Musso), docenti, imprenditori (Marina Salamon), manager (Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale),  esperti di finanza (Michele Calzolari di Assosim), esponenti del mondo politico (Benedetto Della Vedova) e delle istituzioni (Salvatore Rebecchini dell’Agcm e Ilaria Borletti Buitoni) e molti altri accomunati dal desiderio di portare il proprio contributo. Ovviamente, ciò che ci unisce è la condivisione di valori liberali, a prescindere dalla collocazione politica e partitica, che già i nomi dei fondatori rivelano essere assolutamente trasversale.

Si dirà, ma serve davvero un’altra associazione di stampo liberale, in un panorama politico già così frammentato?  Ma noi di Italia Aperta ribaltiamo la domanda. La trasversalità dei fondatori non dimostra invece che è giunto il momento per organizzare una voce nuova in Italia e sulla base di principi ben riconoscibili? Noi crediamo, infatti, che questa associazione possa fungere da polo aggregatore per tutti coloro che credono nei valori liberaldemocratici e che sono dispersi, in posizione minoritaria, nei diversi schieramenti, col risultato che difficilmente riescono a farsi sentire e ad essere incisivi.

Oggi i partiti tradizionali appaiono in profonda crisi, tanto a destra quanto a sinistra, sebbene per motivi differenti. Ci sarà, inevitabilmente, un ricambio della classe politica e c’è domanda nel paese per un movimento diverso, coerente, ideologicamente ispirato e costruttivo, che non sia semplicemente di protesta. Spesso l’errore dei movimenti liberal-democratici è stato quello di limitarsi a fungere da coscienza critica, rivolgendosi solo alle élite. Noi invece vogliamo aprirci al dialogo con la società civile sollecitandone la partecipazione. E per questo le nostre analisi critiche e proposte saranno poi messe a disposizione di tutti con l’auspicio che possano essere recepite nei vari programmi elettorali, divengano parte del dibattito sui media e siano, infine, trasposte in norme cogenti.

Simili iniziative di analisi e valutazione normativa e strategica esistono già in altri paesi di democrazia matura e svolgono un importante ruolo di monitoraggio dell’operato del legislatore e dell’esecutivo, fungendo da raccordo con la società civile. Ci piace pensare anche in Italia sia venuto il tempo per una simile assunzione di responsabilità, rispondendo a un’esigenza antica: Quis custodiet ipsos custodes?

Alberto Saravalle – Europa, 19 giugno 2013

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