La lista dei buoni propositi trovata a Palazzo Chigi
09/01/2014 di Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro.

La Befana quest’anno, oltre al solito carbone, ci ha portato una sorpresa: una lista di buoni propositi (non firmata) su carta intestata Palazzo Chigi. Il periodo dell’anno è propizio per fare progetti ed evidentemente anche nei palazzi romani è ormai invalsa quest’ abitudine. Abbiamo pensato di condividerla con voi per vedere cosa potrebbe attenderci nel 2014.

“(1) La spending review è una cosa seria. Questa volta ci è ben chiaro che non si tratta (solo) di tagliare qualche costo della politica o eliminare per decreto degli enti inutili. Occorre cambiare il funzionamento della macchina dello Stato. E’ una scelta politica di cui ci dobbiamo assumere la responsabilità, sapendo che scontenteremo molti. E per farlo dobbiamo dare copertura politica a Cottarelli. Il suo fallimento sarebbe il nostro.

(2) Il taglio del cuneo fiscale e degli incentivi. Abbiamo parlato troppo (e troppo presto) di taglio del cuneo fiscale. Ora è meglio tacere fino a quando non si porterà un risultato in termini quantitativi (e non solo simbolici) degno di essere definito “taglio”. Per poterlo fare, senza attendere i risultati della spending review dovremo cominciare a mettere mano al più presto alla riforma degli incentivi, di cui al piano Giavazzi del 2012.

(3) Fine della decretazione omnibus (e del milleproroghe). E’ una questione di metodo. Per dimostrare che questo governo è diverso occorre anche cambiare il modo di legiferare. Leggi comprensibili a tutti e con un impianto coerente. Non più maxi-decreti che contengono norme di ogni tipo. Come è stato più volte scritto: non basta che le leggi siano giuste, devono anche sembrarlo. E poi, come promesso a fine anno: basta con il decreto “milleproroghe” e i suoi affini. Il decreto a doppio oggetto Imu-Bankitalia è l’ultimo del suo genere, ma ultimo ultimo.

(4) Quel pasticciaccio brutto della casa. A volte cercare una giustificazione è impossibile. Meglio ammettere di avere sbagliato e fare ammenda. Siamo stati trascinati in un balletto senza fine per le imposte sulla casa al punto che non solo le riduzioni promesse in molti casi si sono rivelate una beffa per i cittadini, ma anche in Europa abbiamo destato molte preoccupazioni sulla tenuta dei nostri conti. Abbiamo imparato la lezione e dobbiamo al più presto mettere ordine al settore, parlando chiaro agli italiani senza slanci demagogici poi contraddetti nei fatti dalle esigenze di cassa.

(5) Privatizzazioni, ora o mai più. Abbiamo messo in gioco la nostra credibilità – interna e internazionale – su questo tema, fornendo perfino una lista delle società privatizzabili. Non possiamo permettere che cada tutto nel dimenticatoio, o tutt’al più si riduca a una offerta di piccole quote di minoranza in attesa del momento “buono” per vendere. Il governo deve fissare il cronoprogramma e assicurarsi che tutti gli enti preposti collaborino. Altrimenti cosa andremo a raccontare in Europa?

(6) Europa: un’opportunità. Il semestre di presidenza europeo non può essere solo una scusa per postergare la data delle elezioni politiche e vivacchiare. Gli italiani se ne renderebbero conto e ce lo farebbero poi pagare in termini elettorali. E’ piuttosto un’opportunità per il nostro paese per dimostrare nei fatti che, nonostante il nostro affanno nel rispettare le regole europee, siamo ancora un partner affidabile. Per questo dobbiamo creare consenso intorno a progetti importanti per la costruzione europea, non solo parlare in termini generici di crescita o di sforamento del fatidico 3% nel rapporto deficit/Pil. La partita che si sta giocando ora riguarda la leadership. Non è solo una battaglia ideale tra federalisti e statalisti. Più Europa, vuol dire meno potere di veto agli Stati e dunque meno influenza tedesca. Non dovrebbe essere difficile trovare consensi a Parigi, Madrid e perché no a Londra.

(7) Una partnership con Renzi. Al di là di quanto si scrive, non vogliamo alimentare conflittualità con Renzi. Al contrario, la sua leadership del Pd è un’opportunità per il governo perché gli evita di addentrarsi nelle spinose questioni della legge elettorale e delle riforme istituzionali, lasciandolo focalizzare sulle riforme economiche. Non solo: i nuovi progetti in tema di lavoro (il Jobs Act), per quanto si possa comprendere dalle prime indiscrezioni, sembrano scevri da pregiudiziali ideologiche della componente massimalista del partito e dunque maggiormente in linea con l’orientamento attuale della maggioranza.

(8) Basta compromessi al ribasso. Negli scorsi mesi il governo ha troppo spesso dato la sensazione di essere una sorta di notaio degli equilibri politici, alla ricerca di compromessi impossibili che, inevitabilmente, si risolvevano in un quieta non movere. D’ora in poi, sui temi di propria competenza il governo esprimerà posizioni nette e le difenderà: se ai partiti della maggioranza non piaceranno, accetteremo serenamente la sfiducia. Per la stessa ragione, non accetteremo né diktat né ricatti. Per esempio: questioni come le unioni civili e la legalizzazione della cannabis sono di esclusiva pertinenza del Parlamento. La sopravvivenza del governo non può esservi legata. Non abbiamo altre ambizioni che portare a termine un programma di rilancio dell’economia e saremo giudicati – in Aula e dal paese – sulla base dei risultati che saremo capaci di ottenere.”

A questo punto la lista si è interrotta. Non abbiamo trovato gli altri fogli e immaginiamo ci fossero molti altri punti (giustizia civile, fisco, lavoro, ecc.), ma con un sano realismo ci pare che per dodici mesi questo sia già un programma ambizioso. Anche se non ne conosciamo l’autore, ci sentiamo un po’ rassicurati sul nostro futuro. Forse è la volta buona. Speriamo avesse torto Mark Twain che, nella Lettera al Virginia City Territorial Enterprise, scrisse “Il capodanno è il momento per fare i vostri buoni propositi. La settimana successiva potrete cominciare a lastricarci la strada per l’inferno, come al solito.

Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro

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