L’Europa è morta? Viva l’Europa! Da anni si sente ripetere il mantra per cui l’Ue sarebbe assente e incapace di offrire risposte ai problemi con cui dobbiamo confrontarci. Invece, se appena ci guardiamo indietro, non si può non prendere atto che l’Europa c’è eccome. E non c’è un momento migliore per prenderne atto dell’inizio del 2023, quando – prima ancora di enunciare i buoni propositi – è opportuno tirare le fila dell’anno appena concluso.
Prima di ricordare alcune delle principali realizzazioni in questo breve arco temporale, dobbiamo precisare che è una lista certamente non esaustiva e che, anche per ragioni di spazio, non scenderemo nel merito dei vari provvedimenti adottati. Certo, non sempre il risultato è all’altezza delle aspettative, anche perché è inevitabilmente il risultato di un compromesso. Né siamo necessariamente d’accordo con ciascuno dei provvedimenti che elencheremo. Il punto non è giudicarli individualmente, ma rendersi conto che molto (anzi moltissimo) è stato realizzato in questi dodici mesi. Segno di una rinnovata vitalità dell’Unione in questa fase storica.
Partiamo dalla crisi geopolitica e umanitaria causata dall’invasione russa in Ucraina. Nell’arco di pochi mesi, l’Ue ha adottato nove pacchetti di sanzioni, senza precedenti per ampiezza e incisività e, poche settimane fa, ha approvato ulteriori aiuti all’Ucraina per 18 miliardi di euro, riuscendo a ottenere – più o meno giocoforza – il necessario consenso anche dell’Ungheria, sebbene sia sempre riluttante a prendere posizione contro Mosca. Una dimostrazione di forza e, tutto sommato, di coesione in una materia così spinosa che era difficilmente prevedibile ex ante.
Per quanto attiene alla crisi energetica, dinanzi alle impennate dei prezzi del petrolio e del gas causati dalle minacce russe di bloccare le forniture, l’Ue ha anzitutto adottato il piano RepowerEU che prevede una diversificazione delle fonti di energia, risparmi energetici e una ulteriore accelerazione nel processo di transizione ecologica. Quindi, si è unita all’accordo internazionale sul tetto di 60 dollari al prezzo del petrolio russo, contemporaneamente introducendo un embargo sul greggio (dal 5 dicembre) e sui prodotti raffinati (dal 5 febbraio). Sulla partita per certi versi più complessa del price cap sul gas, si è infine trovato un accordo per un tetto di 180 euro / MWh, nel caso in cui i prezzi europei superino tale soglia per almeno tre giorni consecutivi e si collochino almeno 35 euro al di sopra delle quotazioni internazionali del Gnl. Il meccanismo prevede anche un sistema di disattivazione nel caso in cui produca le conseguenze temute dai paesi più scettici, come la Germania.
Notevoli passi avanti sono stati fatti anche per quanto attiene l’altra grande emergenza del momento: la lotta ai cambiamenti climatici. Sebbene non siano ancora state approvate in via definitiva le norme applicative del pacchetto (noto come “Fit for 55”) volto a ridurre significativamente le emissioni nette di gas serra entro il 2030, è stato raggiunto un accordo politico con il Parlamento europeo, che prevede di alzare dal 40 al 55% il target di riduzione delle emissioni da conseguire entro il 2030. A dicembre, poi, è stato raggiunto un accordo provvisorio tra Consiglio e Parlamento europeo anche sul meccanismo di carbon adjustment tax, che prevede una sorta di dazio sulle importazioni di beni da paesi che non hanno una adeguata legislazione climatica.
Per quanto riguarda il mercato digitale, l’UE ha approvato due importanti normative come il Digital Services Act, che tra l’altro impone maggiore trasparenza nella profilazione e nel funzionamento delle piattaforme online, e il Digital Markets Act, che mira a prevenire possibili abusi di posizione dominante nel settore digitale. Assieme all’applicazione muscolare della disciplina antitrust, questi provvedimenti ambiscono a condizionare a livello globale l’evoluzione e il comportamento delle grandi piattaforme online. A dicembre è stato poi superato il veto ungherese e dunque si è raggiunto l’accordo di massima per l’adozione a livello Ue di un’aliquota minima del 15% per le imprese di maggiore dimensione. Infine – ultimo, ma non ultimo – la Commissione europea ha finalmente presentato il pacchetto con le proprie proposte per superare le attuali regole di governance economica, che dovrebbero aggiornare il tanto vituperato patto di stabilità e crescita. Ovviamente, occorre trovare l’accordo degli Stati membri sulle proposte avanzate, ma è certamente stato fatto un importante passo per superare le rigidità delle attuali regole, focalizzare l’attenzione sul parametro del debito e soprattutto dare agli Stati membri maggiore ownership delle regole di bilancio.
Mai come negli ultimi anni, si è rivelata veritiera la celebre frase di Jean Monnet: “L’Europa si farà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni apportate a queste crisi”. Ciascuna di queste decisioni può essere considerata ottima, sufficiente, inadeguata o addirittura sbagliata. Ma non si può negare che le risposte vi siano state. La lezione è che le battaglie vanno combattute in Europa, non contro l’Europa. Così i risultati vengono.