Mantenere viva la memoria e vigilare sul presente
27/01/2013 di Alberto Saravalle.

Il  27 gennaio è il giorno della Memoria. Ricordiamo la Shoah: lo sterminio di 6 milioni di ebrei.
Sono ebreo e per me è un giorno importante.
Oggi non voglio parlare di politica o di attualità, ma di che cosa significa questo giorno per me e del perché penso che debba essere un momento di riflessione per tutti. Ciò che più temo è la retorica che banalizza ogni cosa: le autorità che intervengono a portare messaggi di solidarietà spesso ascoltati con indifferenza, i film sulla Shoah proiettati alla televisione e intercettati passando da un canale all’altro, i begli articoli sui giornali letti distrattamente… il pericolo è che le nuove generazioni percepiscano questo giorno come una rievocazione dovuta: una fra le altre giornate di commemorazione pubblica.

Gli ultimi testimoni diretti di questa tragedia ci stanno lasciando. Restano ricordi che sembrano sempre più lontani e che collocano questi eventi in una prospettiva storica. Eppure stiamo parlando di qualcosa di tremendamente vicino nel tempo e nello spazio. È accaduto durante la vita dei miei genitori, ed è accaduto anche nel nostro paese.

Sento facili autoassoluzioni collettive intese a rimuovere ogni responsabilità: noi italiani siamo diversi. Non c’era antisemitismo vero. Mussolini ha dovuto farlo controvoglia per accondiscendere all’alleato tedesco, dopotutto molti ebrei sono stati salvati in Italia.

È vero che molti bravi e coraggiosi italiani hanno rischiato la propria vita per salvare degli ebrei. Un nome famoso per tutti è quello di Giorgio Perlasca, su cui Deaglio ha scritto il bel libro “La banalità del bene”. Ma è anche vero che abbiamo avuto la nostra quota di infamie: pseudo scienziati estensori e firmatari del Manifesto della Razza. Vicino a Trieste, la Risiera di San Sabba: un campo di sterminio.

Mi è capitato di andare a parlare di queste cose nella scuola di mia figlia, quando era alle elementari. Per far capire ai bambini quanto questi tragici eventi ci siano vicini ho mostrato loro documenti della mia famiglia che ho trovato e conservato gelosamente.

Come tanti altri, grazie a un po’ di fortuna e all’aiuto di amici generosi i miei sono tutti scampati alla follia nazifascista, ma hanno avuto vicissitudini che oggi riesce difficile anche solo immaginare.

Mio padre e mio zio sono partiti dall’Italia per il Sud America un mese prima dello scoppio della guerra, con un biglietto di sola andata che ancora conservo: lo potete vedere nell’immagine che accompagna questo scritto. Mio zio era un noto avvocato antifascista a Padova e, secondo i racconti che mi sono stati fatti, è stato tradotto dalla prigione al porto di Genova dove ha dovuto imbarcarsi sulla prima nave in partenza.
Mia zia si è salvata grazie al coraggio di un podestà che ha iniziato a stampare falsi documenti per gli ebrei che, come lei, si erano rifugiati in campagna.

Non voglio dilungarmi su queste storie personali, ma vorrei che tutti riflettessero sulla vicinanza di questi eventi, come cerco di fare ogni anno io. Su quanto, in fin dei conti, ancora oggi l’odio razziale verso gli ebrei nella nostra civilissima Italia sia presente. È di pochi giorni fa la scoperta di un gruppo di fascisti che progettava di stuprare una studentessa solo perché ebrea.
Un po’ alla volta l’assuefazione rende indifferenti anche alle notizie più tragiche. Così, nel silenzio generale alcuni dichiarati esponenti di gruppi fascisti e antisemiti possono tranquillamente candidarsi alle elezioni.

Ho passato la vita riflettendo sulla Shoah. Ancora oggi non riesco a capacitarmi di come tutto ciò sia potuto succedere. Eppure ho letto molti libri e ho visto molti documentari e film su questo argomento. Ho ascoltato lezioni e dotte spiegazioni. Ma continuo a vivere male questo giorno perché mi ricorda quanto sia facile passare dalla civiltà più raffinata all’inumanità più crudele.
Non riesco a farmene una ragione e così continuo a rileggere, come se cercassi di capire qualcosa che mi sfugge. Oggi andrò all’inaugurazione del memoriale della Shoah per ascoltare, vedere, ricordare, pensare.
Ebbene: credo che questa continua ricerca in noi stessi sia importante perché ci permette di mantenere viva la memoria e di vigilare sul presente.

 Concludo condividendo una storia che mi ha molto toccato. È tratta dal bel documentario di Marcel Ophuls Hotel Terminus, che racconta la vicende di Klaus Barbie, il boia di Lione.
Alla fine del film, il regista torna insieme a una signora di mezza età nella casa dove questa viveva da bambina.
In quella casa, una mattina all’alba, la Gestapo guidata da Barbie aveva fatto irruzione. Una situazione infernale: cani feroci, urla, spari, mentre tutti gli ebrei che abitavano nel palazzo venivano trascinati per le scale.
E poi… e poi a un certo punto si era socchiusa una porta, e una vicina aveva afferrato quella bambina e l’aveva trascinata dentro casa, rischiando la propria vita e quella dei figli per salvarla. Quando la signora è tornata col regista a Lione, la vicina era ormai già morta. Il film si conclude con la dedica lapidaria a una buona vicina.
Mi piacerebbe che oggi tutti pensassero che cos’avrebbero fatto in quel momento. E che trovassero dentro di sé la risposta giusta.

Prossimi appuntamenti

Letture Cafoscarine di Diritto e Società: Presentazione del libro State and Enterprise. Legal Issues in the Global Market, a cura di Maria Rosaria Mauro e Federico Pernazza, Università Ca’ Foscari, Dorsoduro 3246, Aula M Baratto, Venezia, 20 giugno 2024, ore 17:00

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