Qui o si governa l’Italia o si muore
17/09/2013 di Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro.

In questa fase c’è un solo modo per essere sicuri di sbagliare: non fare nulla. Sfortunatamente, sembra che le cose stiano andando proprio in quella direzione: dopo una settimana di apatia politica, sembra che stia per cominciarne un’altra. La paralisi del quadro politico, appeso alle trattative tra Pd e Pdl per cercare una soluzione politicamente accettabile alla decadenza di Berlusconi dal ruolo di senatore, rischia di generare conseguenze drammatiche.

Più che per i singoli provvedimenti che non vedrebbero la luce o per gli automatismi che scatterebbero per garantire l’equilibrio del bilancio pubblico, la pericolosità di questa impasse istituzionale sta nel messaggio che il paese lancerebbe al mondo: l’ennesima dimostrazione di incapacità o assenza di volontà di prendere sul serio una crisi gravissima.

Sono due gli scenari che vanno scongiurati: quello di una caduta dell’esecutivo, che porti a elezioni anticipate in tempi brevi col Porcellum (peraltro, sotto la spada di Damocle della Corte costituzionale); oppure, più realisticamente, il “tirare a campare” del governo, incapace di prendere decisioni di fronte ai veti incrociati dei partiti più interessati alle proprie vicende interne (il futuro del Cavaliere e le regole delle primarie Pd), che all’esigenza di attuare le riforme necessarie. In entrambi i casi, il paese si troverebbe privo di un governo nella pienezza dei suoi poteri. Questa immobilità non sarebbe priva di conseguenze, non solo dal punto di vista dei mercati, ma anche da quello normativo e fiscale.

Da quest’ultimo, in particolare, abbiamo davanti quattro “trappole”: (i) l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, (ii) la “clausola di salvaguardia” che, in assenza di altre coperture, finanzierebbe l’abolizione dell’Imu sulla prima casa nel 2013 con un aumento (potenzialmente perpetuo) delle accise, (iii) la service tax e (iv) la legge di stabilità. Tutte queste misure richiedono una regia attiva da parte del governo, che presuppone un fortecommittment della maggioranza che difficilmente potrebbe rinvenirsi ove fosse costretto all’ “ordinaria amministrazione”.

La situazione è più critica di quanto si possa credere. Il bilancio delle misure di natura fiscale assunte dall’esecutivo punta già oggi verso l’ennesimo incremento della pressione tributaria. Se nel 2013, per effetto della cancellazione dell’Imu, il prelievo dovrebbe scendere di quasi 3 miliardi al di sotto del “Business As Usual“, già nel 2014 pagheremo il conto attraverso un aggravio di circa 1 miliardo al di sopra del tendenziale. Tutto ciò senza tener conto del rincaro Iva e assumendo che la partita sulla service tax si chiuda a saldi invariati (come promesso da Letta) e non con un aumento mascherato.

La riduzione prevista per l’anno in corso, per quanto contenuta e discutibile, è importante perché segna la prima inversione di tendenza rispetto a uno Stato sempre più esoso. Per questo è fondamentale consolidarla, a partire dall’Iva, con una riduzione della spesa pubblica in misura almeno equivalente. Sullo sfondo si staglia poi la legge di stabilità, che ha dovrebbe tracciare un quadro di finanza pubblica tale da conciliare le spese realmente necessarie (inclusi i 400 milioni di euro addizionali per la scuola appena stanziati), la promessa di un fisco meno rapace e il vincolo di un deficit non superiore al 3% del Pil (corrispondente a un avanzo primario dell’ordine del 5%). L’avvertimento di Draghi sul rischio di sforare i parametri non è certo arrivato per caso.

Oltre a questo, rimangono tutte da scoprire le carte del premier sulle riforme, grandi o piccole che siano. Il decreto del Fare bis, annunciato per le prossime settimane, potrebbe essere un buon tavolo di prova, specialmente alla luce di alcuni promettenti provvedimenti annunciati (in particolare, Destinazione Italia e il piano di privatizzazioni) suscettibili di segnare un cambio di marcia nell’azione dell’esecutivo.

Si parla da giorni anche di cominciare a ridurre il cuneo fiscale e corrispondentemente tagliare, almeno in parte, i trasferimenti alle imprese. Insomma, a piccoli passi, il governo Letta sta muovendosi nella giusta direzione. Ma rientra in quest’ambito pure quello che dovrebbe essere un obiettivo (e un impegno pubblico) primario per il governo: la revisione della legge elettorale. I partiti sembrano concordare (in teoria) sulla “pivotalità” di tale intervento e sull’esigenza di inserirlo nell’ambito di una più profonda revisione costituzionale della forma di Stato (che preveda, tra l’altro, il taglio del numero dei parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto). In astratto, appare ragionevole.

In concreto, però, è necessario vigilare affinché le tortuosità della riscrittura della Carta non diventino un alibi per rimandare, e infine abbandonare, la sostituzione del Porcellum. Proprio per questo Palazzo Chigi deve assumere la leadership pure su questo fronte: lasciare tutto alle aule parlamentari è un modo per togliere visibilità alla questione e alimentare i sentimenti “anti casta” che ormai sono alla radice di un senso di sfiducia radicato nell’animo degli italiani. Gli stessi operatori internazionali vedono la questione come centrale: ilPorcellum è percepito, non senza ragione, come la principale causa dell’ingovernabilità che ha flagellato il paese durante le ultime tre legislature. Se l’instabilità ci fa paura, allora dobbiamo scongiurare la prospettiva di una instabilità ancora maggiore ed endemica.

L’Italia è come un malato grave che ha urgente bisogno di una terapia shock per non perdere anche il treno di questa mini ripresa che ora sembra possibile. Non può permettersi né il medico pietoso, né il medico indeciso, né tantomeno l’assenza del medico. L’abbiamo scritto alcuni mesi fa su questo stesso blog e oggi è ancor più vero: l’Italia non è il Belgio. Il non governo è un lusso che non possiamo proprio permetterci.

Carlo Stagnaro e Alberto Saravalle

Prossimi appuntamenti

Letture Cafoscarine di Diritto e Società: Presentazione del libro State and Enterprise. Legal Issues in the Global Market, a cura di Maria Rosaria Mauro e Federico Pernazza, Università Ca’ Foscari, Dorsoduro 3246, Aula M Baratto, Venezia, 20 giugno 2024, ore 17:00

I miei tweet

Seguimi su Facebook